Stamane AlJazeera.com, in un editoriale di Santiago Zabala, ha ripreso un passaggio dell’articolo firmato dal nostro Direttore, Emiliano Morrone, sulla battaglia in Val Di Susa (No Tav, ancora battaglia. Vattimo in diretta: “Buttare a mare Monti, serve moratoria, la soluzione è politica”) riferendo quanto da noi scritto proprio riguardo al Premier, che “had to be fired since the only solution is political, not military”.
di Redazione Infiltrato.it
Non vogliamo essere autoreferenziali. Non lo siamo mai stati. Ma essere ripresi da una testata internazionale così autorevole ci riempie di orgoglio. È la cartina di tornasole del nostro lavoro, è la dimostrazione che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. E non è nemmeno la prima volta che accade: dopo essere stati ripresi prima da Sette, il settimanale de Il Corriere della Sera, per le inchieste sul caso Emanuela Orlandi; poi da Il Fatto Quotidiano per lo scandalo Watergate Molise (svelato proprio dalla nostra testata) , ora tocca ad una dei maggiori giornali internazionali.
Il pezzo, a firma di Santiago Zabala, apre con un titolo molto eloquente: “Does Italy want Berlusconi back?”. L’Italia vuole tornare a Berlusconi? Domanda provocatoria, ma che contiene in sé importanti germi di verità, troppo spesso sottaciuti.
Noi abbiamo cercato di portarli alla luce, di sviscerarli, occupandoci anche di questioni internazionali, in un periodo – quello della crisi economica che stiamo vivendo – in cui gli intrecci tra lobbies, Stati e organizzazioni internazionali risultano essere determinanti. Il cambio di governo che abbiamo vissuto a novembre può essere sintetizzato con le seguenti parole: dai poteri marci ai poteri forti. Poteri forti dinanzi ai quali non c’è spazio, se non marginalmente, per quella sacca di popolazione che, oggi, fa fatica ad arrivare a fine mese, fa fatica a vedere riconosciuti i propri diritti. In questo quadro, dunque, la libertà democratica finisce con l’essere troppo spesso sospesa, gabbata da interessi elitari, economici, capitalisti.
Basti pensare a quanto sta avvenendo in Italia con la riforma del lavoro. Basti pensare, ancora, ai tanti favori, passati nel silenzio più disarmante, che il governo Monti ha assicurato alle banche. In perfetta coerenza, d’altronde, con la politica comunitaria dell’Unione Europea. Ci siamo occupati, non a caso, del perverso funzionamento del Fondo Salva-Stati, un fondo che, come ci ha detto Maurizio Zipponi, “può produrre, come è oggi, solo il salvataggio delle banche; ma non è la soluzione ai problemi dell’economia reale, dei bassi salari, della precarietà. Esso è uno strumento che va tolto dalle mani dei banchieri e consegnato ai rappresentanti dei popoli, democraticamente eletti”. E gli interessi del popolo? Secondari. Basti pensare alle rivendicazioni dei No Tav (tanto per citare un caso): nessuno si è occupato di loro, se non le forze dell’ordine con modi che, spesso, hanno lasciato pesantemente interdetti.
Ci siamo occupati di tutte queste faccende. E l’abbiamo fatto contando sull’appoggio dei nostri tanti e appassionati lettori (l’unica nostra forza). Abbiamo cercato di offrire un quadro veritiero su quanto sta accadendo in questo periodo nel nostro Paese. Uno sguardo a 360 gradi che non tutti possono (o vogliono) offrire. Questione di libertà. Di indipendenza. Noi abbiamo l’onore (e l’onere) di goderne.
Spesso siamo stati anche attaccati per i nostri articoli troppo forti, per le nostre inchieste sferzanti. Ma eravamo convinti di quello che facevamo. E, nonostante le difficoltà, non abbiamo abbandonato un solo passo. Ed oggi è arrivata la nostra piccola grande ricompensa, ripresi nell’editoriale di una persona autorevole come Santiago Zabala: giornalista internazionale (Zabala collabora, oltreché con AlJazeera, anche con El Pais e New York Times) e filosofo allievo di Gianni Vattimo, con cui ha firmato l’ultimo dei suoi saggi, Hermeneutic Communism, edito dalla Columbia University Press.
E la domanda che si pone al termine del pezzo Zabala è la stessa che ci siamo posti noi nell’ultimo periodo con i nostri approfondimenti e le nostre inchieste. “At the very end, Berlusconi seems to be better than Monti”, si chiede il giornalista. Una domanda a cui è difficile rispondere. A cui molti non rispondono. Forse per paura.