Anche la Corte di Cassazione è populista?
O per gli estremisti del pensiero unico, che ci vuole tutti allineati sulla retorica del povero migrante, la giustizia va rispettata a giorni alterni?
Questa sentenza passerà alla storia e sancirà, definitivamente, un concetto espresso anche da illustri pensatori: una società multirazziale è possibile, una società multiculturale no.
Lo avevano capito anche gli antichi romani: perché Boldrini & Co. non ci arrivano?
Una storica sentenza contro la retorica buonista
Ne riportiamo integralmente i passaggi più importanti:
Le persone migranti che hanno scelto di vivere nel mondo occidentale hanno l’obbligo di conformarsi ai valori della società nella quale hanno deciso di stabilirsi. Non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori porti alla violazione cosciente di quelli del Paese ospitante.
In una società multietnica la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l’identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l’integrazione non impone l’abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell’art. 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante.
Se le stesse cose le avessero detto i vari Salvini, Mussolini, Grillo & Co. avremmo urlato al fascista, razzista e via dicendo. Ma ora che a sentenziare è la Cassazione, come la mettiamo?
Il caso dell’indiano con il coltello
Come riporta il giornale cattolico Avvenire:

La replica della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato respinto con una motivazione logica:
È essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all’ordinamento giuridico che la disciplina.
La decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha la consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto e non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante.
Non fa una piega.