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PARLAMENTARIE PD SEL/ Vincono quasi tutti i candidati indagati. Conferme per i big con qualche sorpresa

Solo un terzo degli elettori, rispetto al primo turno delle primarie di coalizione, si è recato alle urne per le parlamentarie: parliamo del 2.5% del totale aventi diritti al voto in Italia (47 milioni). Quattro indagati su cinque ce la fanno, i big che Renzi voleva rottamare passano in massa, tanto è vero che uno dei pochi “vip” a non farcela è proprio il braccio destro del sindaco di Firenze, Giorgio Gori. Le sorprese? Pochissime.

 

di Viviana Pizzi

Oltre un milione di persone ha votato sabato e domenica per le elezioni parlamentarie di Pd e Sel. Un terzo di quanti presero parte alle primarie che hanno incoronato Pierluigi Bersani capo della coalizione di centrosinistra. Per i vertici di partito è un buon risultato, considerando che le consultazioni sono state effettuate in pieno clima natalizio. Resta comunque però un dato, la disaffezione crescente verso lo strumento delle primarie a cui soltanto il 2,5% per cento di quelli effettivi (oltre 47 milioni in totale) si sono recati alle urne. Un dato molto lontano da quello dei sondaggi che danno il Pd al 30% degli elettori totali. L’altro 27% dov’era? O in casa a soffrire per le temute tasse del 2013 che lo stesso partito ha votato insieme a Monti o a fare regali per la Befana.

 

LE PUNTE PIÙ ALTE E QUELLE PIÙ BASSE

È stata la provincia di Barletta- Andria Trani quella in cui si è votato di più raggiungendo il 70% di coloro che avevano diritto a recarsi alle urne. A Roma si sono recati alle urne in ben 46 mila persone contro le 90 mila di tutto il Lazio. Anche qui però il dato è nettamente inferiore a quello del due dicembre quando sono andati a votare 264. 119 persone. Stefano Fassina, Michela Campana e Ileana Argentin le persone che sono pronte a ricoprire le candidature di Camera e Senato.

Allarme invece a Cagliari e nell’intera Sardegna dove si sono recati alle urne poco meno di 30mila elettori. In una regione intera un decimo degli abitanti di tutto il capoluogo di regione. Segno di una disaffezione che si era già registrata alle primarie tra Bersani e Renzi e ora ha finito di scendere ancora più in basso.


I BIG: SI A BINDI E FINOCCHIARO, NO A GIORGIO GORI

Tra i dieci che, nonostante la loro lunga carriera parlamentare, avevano ottenuto la deroga per candidarsi, hanno ottenuto un posto nelle liste Rosy Bindi, vincitrice a Reggio Calabria e Anna Finocchiaro a Taranto. Non ce la fa invece Cesare Marini a Cosenza e ancora in forse il risultato di Verona di Maria Pia Garavaglia (In Veneto si è votato nella giornata di ieri).

Gli altri sei derogati invece hanno deciso di non concorrere alle primarie del partito democratico. Si tratta di Beppe Fioroni, Franco Marini, Giorgio Merlo, Mauro Agostini, Gian Claudio Bressa e  Giuseppe Lumia.

Insieme agli altri quattro avevano lottato per candidarsi dopo aver trascorso 15 anni in Parlamento. La deroga gli era stata concessa a patto che si sottoponessero alle primarie per la scelta dei candidati alle politiche di febbraio. Se le regole sono regole non dovrebbero essere inseriti nelle quote segreteria. L’arcano però sarà svelato soltanto dopo la presentazione ufficiale delle liste.

Un dato sui renziani: Giorgio Gori, tra i fedelissimi del sindaco di Firenze, perde a Bergamo ottenendo appena il 13% delle preferenze sui votanti che si sono recati alle urne. Resta fuori anche il segretario della Cisl D’Antoni. Poco male perché potranno rientrare con le quote segreteria.

 

INDAGATI: QUATTRO SU CINQUE CE LA FANNO

La canzone di Gianni Morandi recita: uno su mille ce la fa. Non hanno certo ascoltato la melodia del cantautore bolognese le persone che si sono recate alle urne nei collegi dove erano candidati gli indagati del Pd. Due le possibilità: o chi ha votato non si è informato oppure ha vinto la solita logica del clientelismo.

In provincia di Messina l’indagato Francantonio Genovese stravince con 19360 preferenze. La seconda Liliana Modica raggiunge appena i 6529 voti.  Stesso discorso per la provincia di Trapani: l’indagato Antonio Papania si piazza al primo posto con 6165 voti seguito da Pamela Orrù che racimola soltanto 2420 preferenze.

In provincia di Enna vince l’omonimia: Mirello Crisafulli ottiene infatti 6348 voti mentre l’indagato Vittorio resta al palo.

Anche in provincia dell’Aquila l’inquisito Giovanni Lolli fa la sua bella figura piazzandosi al secondo posto con 2598 voti e raggiungendo una percentuale del 35%. Vince però Stefania Pezzopane con il 42%. Entrambi i nomi però troveranno posto sulle schede elettorali del Pd. Stessa solfa a Massa Carrara dove l’indagato Andrea Rigoni si impone con 5610 voti contro i 2506 di Maffei e i 631 di Musoni. Di questi i primi due verranno inseriti sulle schede elettorali.

Questa è la chiara dimostrazione che i partiti non devono candidare le persone che hanno conti in sospeso con la giustizia. I cittadini, e in particolare gli elettori del Pd, non sono stati pronti a dare quelle risposte che ci si aspettava. Meglio avrebbero fatto i garanti di quelle province a scegliere nomi nuovi e senza carichi pendenti.

 

GLI SPECCHIETTI PER LE ALLODOLE

Come ormai avviene spesso anche in questa tornata elettorale si è verificato il fenomeno degli specchietti per le allodole. Infatti la canoista Josefa Idem è entrata nelle liste del Pd candidandosi nel circondario di Ravenna.

La più volte medagliata alle olimpiadi parteciperà ad un’altra gara importante: quella delle elezioni del 24 febbraio prossimo. A Ravenna e provincia si sono recati alle urne quindicimila elettori: 9382 preferenze sono andate alla sportiva che in tutta l’Emilia Romagna è stata la seconda candidata in assoluto come numero di preferenze. Più voti di lei li ha ottenuti soltanto l’ex segretario Andrea De Maria in una Bologna dove hanno votato 35mila persone.

Torna in politica dopo essere stata assessore allo Sport nella città di Ravenna dal 2001 al 2007. Un nome che di certo ha trascinato i ravennati alle urne. Senza di lei probabilmente avrebbero scelto di recarsi per un giro ai parchi tematici della Romagna.

Delle primarie di Sel invece si è parlato ben poco sulla stampa nazionale. Oscurate da quelle del Pd come Vendola ormai è oscurato dalla presenza di Bersani. In regioni come il Molise non si sono nemmeno svolte.

In Toscana però ci ha pensato Renzo Ulivieri, presidente dell’associazione nazionale italiana allenatori di calcio, a dare smalto anche a questa competizione. L’ex allenatore del Bologna, del Cagliari e di altre squadre di serie A non ha ottenuto però lo stesso risultato prorompente della collega Idem. Verrà candidato però al Senato avendo ottenuto 2112 voti. Più di lui soltanto Alessia Petraglia con 2325 preferenze.

Le passate esperienze in politica del tecnico sono come segretario di circolo del partito di San Miniato. Vedremo a febbraio se i loro nomi entreranno in parlamento.