Nel 1902 Mussolini denunciò il massacro armeno.
Nel 1902 Benino Mussolini non era ancora diventato il Duce, il baricentro del fascismo italiano; era un perfetto sconosciuto alle prime esperienze politiche e giornalistiche. Il 2 agosto del 1902 con un tagliente articolo fu tra i pochi giornalisti occidentali a denunciare apertamente il genocidio armeno.
Benito Mussolini, giovane militante socialista, pubblicò il suo primo articolo su “Avvenire del Lavoratore”, periodico del PSI in Svizzera. Il futuro Duce, ancora inesperto di politica e poco (all’apparenza) adatto alla carriera partitica, fece il suo ingresso nel mondo del giornalismo con uno scritto sui massacri armeni.
Gli avvenimenti che descriveva erano gli ultimi di una lunga serie di “fatti di sangue” ai danni del popolo armeno. I primi eccidi infatti furono condotti dagli ottomani tra il 1894 e il 1896, ma si protrassero fino agli inizi del novecento, culminati poi con il genocidio del 1915 sotto il governo repubblicano dei Giovani Turchi.
La comunità internazionale si mostrava costantemente indifferente ai continui rapporti su efferatezze e massacri. Gli interessi geopolitici prevalevano su qualsiasi sentore umanitario. Solo Papa Benedetto XV si fece portavoce degli esuli e di chi patì le sofferenze della repressione. Il giovane Mussolini, stimolato dal suo genuino sentimento socialista, aderì ai propositi della Seconda internazionale che invitava i suoi aderenti a denunciare apertamente ciò che gli occidentali avevano ripetutamente ignorato. I partiti socialisti si schierarono dalla parte del popolo armeno diffondendo a più riprese le notizie provenienti dalla Turchia.
“Un intero popolo, generoso ed obliato, che ogni giorno lascia a brandelli la sua carne, la sua libertà, le sue tradizioni per una insanguinata strada di rovine. Il telegrafo quotidianamente annunzia i massacri consumati dai Kurdi sugli Armeni; nessuno sfugge al macello: ogni giorno un capo kurdo, dopo aver incendiato un villaggio, ordinò si legassero tutte le donne, commise su di esse atti di ferocia inaudita e le fece morire fra orribili torture” Così scriveva Mussolini mostrando tutto il suo sdegno per la ferocia turca. Non faceva economia di retorica pur di mettere in risalto l’orrore delle torture e delle uccisioni.
Accusava apertamente i media dell’epoca di tacere pur di assecondare interessi finanziari e geopolitici: “Pochi solitari alzano la voce per protestare in nome in nome del diritto delle genti” La comunità internazionale era rimasta impassibile di fronte al sangue che scorreva in Armenia, preferendo mobilitarsi invece per questioni frivole quali il crollo della Torre di San Marco a Venezia: “L’Europa che freme davanti ad una perdita dopo tutto anche artisticamente discutibile, non trova per questa causa uno slancio di generosità; non ha proteste contro chi potrebbe, volendo, impedire che una regione diventi un cimitero”.